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Vino, poesia della terra. Intervista a Luca Maroni, patron de “I Migliori Vini Italiani”

di Valeria Lentini

Secondo il grande Mario Soldati, <<Il vino, specialmente in Italia, è la poesia della terra>>. Tra coloro che hanno scelto di dedicare a questa poesia tempo, competenza e passione spicca Luca Maroni, analista sensoriale, autorevole firma del mondo enologico e patron de I Migliori Vini Italiani, evento nazionale ospitato anche quest’anno a Roma, nell’elegante cornice del Salone delle Fontane. Proprio a Luca Maroni abbiamo rivolto alcune domande su questo settore in continua espansione.

  • Che bilancio traccia dell’edizione 2017 de I Migliori Vini Italiani?

Siamo entusiasti per la risposta del pubblico, che è sempre più presente non solo in quantità ma anche in qualità. Le persone sono sempre più protese a conoscere la tecnica, la natura e l’umanità che questi vini rappresentano. La particolarità del nostro salone risiede proprio nella presenza dei produttori, e sentire raccontato il vino da chi lo produce entusiasma i visitatori. Per questo motivo è giusto che Roma (il mercato più importante insieme a Milano) ospiti uno dei più importanti eventi privati di questo tipo.

  • Quest’anno, oltre ai vini, erano in esposizione anche prodotti gastronomici e tra questi alcuni provenienti da Amatrice. Avete coniugato gusto e solidarietà…

Poter dare visibilità ai prodotti di un territorio che, al di là delle scosse, esprime grande valore, onora noi. Dare modo a questi produttori di stare a contatto con il pubblico è importante, anche perché produrre cibo resta una delle più alte missioni.

  • Lei, tra le altre cose, ha creato un metodo di degustazione scientifico incardinato sulla ruota sensoriale sinestetica: di che si tratta?

La ruota sensoriale sinestetica è un effetto della metodologia. Io sono abituato a valutare le sensazioni che percepisco, e in realtà le sensazioni sono tra loro correlate. Ho quindi provato a raccontarle in un elenco che indica le corrispondenze.

  • L’export di vino italiano negli Stati Uniti nel 2016 ha registrato un record, tanto che il Governo ha stanziato venti milioni di euro per supportare ulteriormente il settore. Perché il vino made in Italy piace così tanto?

Il successo deriva dal fatto che gli americani, e gli stranieri in generale, amano l’essere italiano e capiscono che nessun prodotto è come il vino da questo punto di vista poiché offre una compenetrazione ottimale: bevendo vino si sentono italiani. Naturalmente si può e si deve fare di più: speriamo che questi soldi vengano effettivamente spesi e che soprattutto vengano spesi bene.

  • L’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino ha realizzato un prontuario sulla comunicazione del vino, con tre parole d’ordine: verità, semplicità e chiarezza. Secondo lei sono sufficienti o serve altro?

Questi criteri sono splendidi, bisogna vedere come vengono applicati. Sulla carta direi che non c’è di meglio. Aggiungerei anche la logica, che è figlia della verità. Occorre che alle parole seguano l’atto e il fatto.

  • Lei si avvale della collaborazione di sua sorella Francesca. Il 4 marzo verrà celebrata per la prima volta la Festa Nazionale delle Donne del Vino. Che cosa pensa della presenza femminile nel settore?

Le aziende agricole sono da sempre a conduzione familiare, e la presenza femminile è fondamentale. Le donne hanno costantemente ricoperto un ruolo di grande importanza: di supporto, amministrazione, comunicazione, marketing. Le donne sono anche state le grandi fautrici del rinascimento enologico italiano.

  • Quali sono i prossimi eventi in programma?

Nel mese di marzo c’è ProWein, a Düsseldorf. Un meeting a cui partecipa tutto il mondo, cinque continenti per un confronto su tutto il nuovo riguardante il mondo del vino. Parteciparvi è straordinariamente interessante: quello di Düsseldorf è un momento importantissimo, con gli scenari futuri del vino anche dal punto di vista del marketing.

  • Qual è il suo auspicio per il vino italiano?

Auspico che torni sulle tavole degli italiani come momento di piacere, gioia e communio. Ora è relegato al fine settimana, magari a cena, invece deve tornare ad essere un momento di piacere quotidiano. Ovviamente badando alla qualità.

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