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L’unità d’Italia passa attraverso il gusto. Intervista a Gioacchino Bonsignore

di Valeria Lentini

Nel corso del convegno dedicato ai grani antichi siciliani e promosso dall’Etna Food Academy, abbiamo rivolto alcune domande a Gioacchino Bonsignore, volto Mediaset e autorevole giornalista enogastronomico.

(Per ascoltare l’intervista clicca sul link sottostante).

Quanto è importante la biodiversità per l’enogastronomia in genere?

Per quanto riguarda il grano la biodiversità è fondamentale, perché assistiamo a una costante caduta del prezzo del frumento italiano, del frumento duro, e qui in Sicilia evidentemente si tratta di una risorsa importante che sta penalizzando migliaia di produttori. E’ un problema di non facile soluzione, perché non si può bloccare il libero mercato e l’accesso alle merci che arrivano da altri Paesi, e qua entra in gioco la biodiversità: cioè la capacità di rendere più attrattivo il prodotto italiano, in questo caso il prodotto siciliano in quanto tale. Però questo implica anche uno sforzo da parte dei produttori, che devono tendere a migliorare sempre di più il proprio prodotto affinché venga loro garantito un maggior reddito.

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un ritorno anche di molti giovani all’agricoltura, ma con nuovi strumenti e tecnologie, e una maggiore sensibilità nei confronti della biodiversità. Secondo lei questo può produrre negli anni un frutto positivo?

Questo è sicuramente un fatto positivo, però in base alla mia esperienza credo che si possa dire una cosa fondamentale, che secondo me è il postulato di tutto questo: oggi chi decide di mettersi a produrre qualcosa in agricoltura deve produrre per qualcuno, deve tarare il proprio prodotto su una richiesta precedente all’inizio della produzione. Se tu oggi fai il grano, lo devi produrre non più per il mercato massificato, dove il prezzo non ti sarà mai riconosciuto perché entrerà in concorrenza con altre produzioni che sono più forti. Dovrai produrre un grano con determinate caratteristiche, che magari un pastificio locale o nazionale, o un grossista specializzato ti richiede con quelle caratteristiche. Avrai così la possibilità che ti venga riconosciuto il giusto prezzo. Non si può più immaginare di spuntare il prezzo sulla base di una commercializzazione di vecchio tipo.

Lei dal 2002 conduce su Canale 5 la rubrica Gusto, e racconta l’enogastronomia d’eccellenza da nord a sud. Quali sono i punti di forza del Bel Paese nella promozione della nostra cucina?

Beh, lo ha detto lei: la biodiversità, dunque la differenza. Le differenze sono il punto di forza, dal Trentino al Piemonte, all’Abruzzo, all’Alto Adige, al Friuli, la Toscana, l’Emilia, la Romagna, e si va a scendere… la Puglia, la Campania, la Basilicata, la Sicilia, la Sardegna. Insomma, tutti noi che abbiamo girato un po’ per l’Italia sappiamo che c’è un giacimento enogastronomico che è anche culturale e che va recuperato con intelligenza, senza farsi prendere la mano dagli eccessi di entusiasmo che in questo mondo spesso esistono, ma con consapevolezza e con dei progetti che vadano avanti passo dopo passo.

Lei è torinese di padre siciliano: preferisce la cucina piemontese o quella siciliana?

Sono entrambe cucine straordinarie! Questo forse è stato uno dei frutti più belli dell’unità d’Italia: prima un siciliano non sapeva cosa potesse essere un grande risotto torinese magari fatto con il Carnaroli, e un torinese non sapeva cosa fosse una pasta alla Norma. In questo modo abbiamo fatto diventare questi due piatti patrimonio comune di una cucina nazionale.

La sua ricetta preferita?

Devo dire che non ho una ricetta preferita, penso però che alla base ci debba essere la salubrità nei piatti. La mia ricetta preferita è sempre quella fatta con pochi ingredienti, di grande qualità e genuinità.

Quindi viva la semplicità…

Assolutamente sì!

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