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Omicidio Vannini, 14 anni a Ciontoli. La madre di Marco: “E’ una vergogna”

di Valeria Lentini

<<E’ una vergogna, non mi sento italiana. Mio figlio giace da tre anni in una bara: i veri condannati siamo io e mio marito>>. Non riesce a trattenere il dolore Marina, la madre di Marco Vannini, all’uscita dal Tribunale di Roma. I giudici hanno appena pronunciato la sentenza di primo grado: 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli, riconosciuto colpevole di omicidio volontario; 3 anni agli altri componenti della famiglia: la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico; assoluzione per Viola Giorgini, la fidanzata di Federico. Una sentenza che accoglie l’impianto accusatorio, riconoscendo la responsabilità di tutta la famiglia Ciontoli, ma disattende la volontà del pubblico ministero, che aveva chiesto una condanna a 21 anni di reclusione per Antonio Ciontoli e 14 anni per la moglie e i due figli. Per Viola Giorgini, accusata di omissione di soccorso, erano stati chiesti due anni.

Il dramma oggetto del procedimento penale risale a tre anni fa: il 18 maggio 2015 il ventenne Marco Vannini si trovava a Ladispoli (Roma), a casa della fidanzata Martina Ciontoli. In un contesto che appare tuttora avvolto da cortine nebbiogene, il giovane viene colpito da una pallottola esplosa dalla pistola di Antonio Ciontoli: in quel momento in casa c’era anche la moglie di Ciontoli con Martina, Federico e Viola. Tutta la famiglia è lì ma nessuno allerta i soccorsi. O meglio, vengono effettuate alcune chiamate al pronto soccorso, ma nessuno dice chiaramente che il povero Marco è stato attinto da un proiettile. Gli operatori del 118 si sentono dire nell’ordine che  il ragazzo è stato vittima di uno scherzo, poi che si è ferito con un pettine, infine che è caduto dalle scale. Tutto, insomma, tranne che la verità: Marco giace a terra sanguinante, ma si potrebbe salvare con un’operazione chirurgica se solo al 118 venisse spiegato chiaramente che cosa è successo a casa Ciontoli in una tranquilla sera di primavera. Invece no. E così, quando Marco arriva (diverse ore dopo lo sparo) all’ospedale è ormai spacciato. Nessuno della famiglia Ciontoli ha ritenuto di dire la verità. Così un ventenne, con una grande voglia di vivere e il sogno di entrare nell’Arma dei Carabinieri, muore senza un perché.

Il caso Vannini rischiava di finire relegato in un angolo, ma grazie al programma televisivo Chi l’ha visto le cose sono andate diversamente: un corposo lavoro di giornalismo investigativo ha reso possibile l’incriminazione di tutta la famiglia Ciontoli, ritenuta colpevole dai giudici della morte di Marco Vannini. Ieri sera, durante la diretta del programma condotto da Federica Sciarelli, Marina Vannini ha espresso la propria amarezza per i pochi anni di reclusione inflitti ai colpevoli: <<Molte persone mi hanno scritto per esprimere solidarietà, e per chiarire che la sentenza è stata pronunciata in nome del popolo italiano, ma non del loro. In nome di quale popolo è stata pronunciata questa sentenza?>>. Questo primo grado di giudizio potrà essere appellato solo dal pubblico ministero e dall’imputato. Resta intanto il dolore infinito di una famiglia e lo sgomento di un intero Paese che si stringe intorno alla famiglia di Marco.

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