Rocco Trefiletti dell’Enoteca Regionale Siciliana: “Fare della qualità e dell’accoglienza obiettivi primari”
di Valeria Lentini
Durante Bollicine dell’Etna, evento enogastronomico svoltosi l’8 maggio nella storica cornice della Casa San Tommaso a Linguaglossa (Catania), abbiamo rivolto alcune domande a Rocco Trefiletti, vicepresidente dell’Enoteca Regionale Siciliana e produttore vitivinicolo.
(Per ascoltare l’intervista clicca sul link sottostante).
La Casa San Tommaso è la bellissima location di questo evento, giunto alla terza edizione. Che bilancio traccia?
Un bilancio assolutamente positivo, sia in termini di presenze che di qualità dei prodotti che abbiamo avuto la fortuna di poter proporre ai visitatori.
L’Etna ha tantissimo da dare dal punto di vista enogastronomico di eccellenza…
Sì, sono assolutamente d’accordo. Io ho un’azienda vitivinicola e, quando mi trovo a presentare i miei prodotti, faccio anche promozione del territorio. Quando qualcuno chiede se i miei prodotti sono siciliani, rispondo: “Assolutamente no! Sono prodotti dell’Etna, che è un’isola dentro l’isola”. Cioè rispetto al resto della Sicilia è un territorio di eccellenza, anche per la limitata quantità di prodotti: alla fine sull’Etna la produzione media annua attualmente certificata è di due milioni e mezzo di bottiglie, molto meno di quanto produce una sola azienda della Sicilia occidentale.
Secondo lei che cosa si può fare di più, a livello regionale e nazionale, per promuovere ulteriormente un territorio straordinario, che anche all’estero ci invidiano?
Si potrebbe formulare una maggiore offerta di servizi sul territorio, a partire dalla viabilità: la nostra Statale 120 non ha le caratteristiche per essere una strada statale. Poi la connessione ad internet, le utenze elettriche: basta un minimo temporale per far andare via la luce. E poi continuare sulla strada della promozione, riguardo alla quale le amministrazioni locali potrebbero impegnarsi molto di più nell’arredo e decoro urbano. Un visitatore che percorre le nostre strade non sempre ha la percezione di trovarsi in una zona vitivinicola d’eccellenza.
Diciamo che uno se ne accorge perché è circondato da luoghi incantevoli e da tantissimi bei vigneti, ma in effetti si potrebbe fare di più, con il supporto magari della politica e dello Stato centrale…
Io non vorrei essere arrogante, ma dico che l’economia cresce di notte, quando i politici dormono. Dobbiamo più che altro essere noi imprenditori a rimboccarci le maniche e a colmare i vuoti che ahimé vengono lasciati. Riguardo alla Casa San Tommaso, vorrei chiarire che si tratta di un ex collegio dei Domenicani, edificato nel 1947 con il contributo volontario dei linguaglossesi emigrati negli Stati Uniti. Questa struttura è stata un po’ la fortuna del territorio perché ha dato la possibilità a tanti giovani di studiare negli anni Cinquanta e di conseguire un titolo di studio che allora, specie per le famiglie contadine, era qualcosa di irraggiungibile. Questa struttura è rimasta chiusa per diversi anni e, su iniziativa della Confraternita Sant’Egidio, è stata istituita la cooperativa di servizio San Tommaso, che da quattro anni ha riaperto la struttura senza alcuna finalità di lucro ma cercando di metterla a disposizione del pubblico e del sociale.
Lei ricopre un importante ruolo istituzionale, ma è anche un produttore. Che cosa si augura per il futuro della produzione enogastronomica dell’Etna?
Mi auguro che i produttori continuino ad impegnarsi, a fare della qualità l’obiettivo primario. Senza tralasciare l’accoglienza. Noi non dobbiamo dimenticare neanche per un attimo la nostra vocazione naturale, che è quella di essere ospitali nei confronti dei visitatori.
Il suo vino preferito?
Io sono cresciuto a pane ed Etna Rosso!
Rispondi