Case al Borgo, Agira. Lo spirito dell’entroterra e il coraggio di guardare al futuro

Alla base di ogni impresa di successo c’è la capacità di porsi la giusta domanda: “Come posso fare?”. Nella vita, che lo si voglia o no, tutto parte da quel “come”: avverbio dall’aria innocente che, a sorpresa, si fa risoluto e spariglia le carte, capovolge i destini, aggiusta le traiettorie. E regala bellezza. Anzi, la restituisce: dono munifico, riservato a chi sceglie di restare nonostante le correnti contrarie (e certe narrazioni) suggeriscano l’opposto. Capita così che un luogo di innegabile bellezza, immerso in un entroterra che alcuni si ostinano a dare per spacciato, diventi il punto di partenza per invertire la narrazione, puntando sull’eccellenza e trasformando ogni ostacolo in opportunità. E ponendosi le giuste domande. Borghi, Scultura, Esperienze. I Distretti di identità: entroterra, il Futuro è qui? Questo il titolo dell’evento che sabato 24 maggio ha animato l’incantevole scenario di Case al Borgo, ad Agira, uno dei Borghi più belli d’Italia: un tavolo tecnico e una mostra permanente hanno fatto da apripista ad una feconda progettualità orientata allo sviluppo dell’entroterra ennese. Promotori dell’evento, alcuni geniali visionari per i quali “irrealizzabile” è solo ciò che non è ancora stato fatto.

Da sinistra: Gambino, Mauceri, Calcerano

A Claudio Gambino, docente universitario e presidente della Destination Management Organization – Kore Sicilia Centrale, l’apertura dei lavori:<<Questo tavolo tecnico ha l’obiettivo di cristallizzare lo stato dell’arte delle prospettive di sviluppo turistico dell’entroterra, ma anche di gettare le basi per la costruzione di una “visione” che in alcuni di noi è già abbastanza chiara, perché ci lavoriamo, seppur in maniera distinta, da tanto tempo. Oggi siamo ospitati da un esempio lungimirante di riqualificazione di un antico borgo che era l’emblema della necrosi demografica che affligge di fatto i borghi delle aree interne siciliane, e non soltanto della Regione Sicilia. L’obiettivo è intraprendere un cammino: abbiamo obiettivi nel breve, medio e lungo termine, e il ruolo della Dmo, soprattutto in questa fase, è quello di scardinare certe dinamiche legate a un immobilismo e a una politica che spesso ha seguito il calendario delle campagne elettorali e non un vero calendario di progettazione. Ritengo che a questo tavolo ci siano degli attori che per il ruolo che ricoprono possono essere un tassello importante di questa azione di visione e di progettazione per un rilancio concreto e tangibile attraverso la riqualificazione del territorio e la rivalorizzazione, anche in termini di economia del turismo, per far sì che tra i tanti benefici ci sia anche l’inversione del trend demografico>>.

La vita altrove. Al tema della “restanza” (caro all’antropologo Vito Teti) l’autore e regista televisivo Filippo Mauceri ha dedicato un documentario dal titolo “Quel che resta”: <<In questo documentario non ho fatto altro che cercare di rafforzare, attraverso l’indagine personale, che cosa ha portato alcune persone a rimanere, altre ad andarsene e però a tornare, altre ancora ad andarsene e a non tornare più. Esattamente dieci anni fa abbiamo cominciato a ipotizzare dei modi per attrarre l’attenzione su questi territori, con delle manifestazioni che hanno attinenza con quello che oggi andiamo a iniziare, grazie anche alle opere di Mario Termini. Non a caso il primo festival che io ho organizzato, con il supporto di Case al Borgo, era intitolato Entroterre in Festival: manifestazione riuscita benissimo, con risultati qualitativi e numerici. Per questo noi teniamo ad essere promotori di questa iniziativa, e insistiamo sul termine “modello” perché abbiamo la presunzione di averlo in qualche modo creato negli anni>>.

Dimezzare i sogni o raddoppiare il coraggio. Di sviluppo sostenibile ha parlato Gabriele Calcerano, fondatore e presidente di Case al Borgo:<<Noi siamo stati di recente alla Borsa Internazionale del Turismo Esperienziale, a Venezia. Imprese come la nostra, ritenute fuori da qualsiasi logica razionale, possono andare avanti esclusivamente con la forza dell’anima: non ci sono spiegazioni o business plan possibili. Nel luogo dove ci troviamo noi, nel 2009 era caduta una frana. Se ne sono scappati tutti, siamo rimasti io e mio cognato Orazio, in mezzo ai fanghi, e ci siamo detti: o chiudiamo baracca o creiamo la cosa più bella del borgo. Ci siamo sbracciati, ci abbiamo messo l’anima. Ci siamo chiesti: da dove cominciamo? Da un muro di sostegno: da questo derivano poi le altre cose. Non è la narrazione del muro di sostegno, bensì di due elementi fondamentali: la prima è che occorre avere un’idea visionaria, la seconda è che servono fondamenta. Questo luogo le fondamenta le ha, eccome. Lo sviluppo sostenibile nei luoghi è fatto dagli ingredienti sani. Abbiamo un luogo magico, degli affacci che danno emozioni uniche e delle facce che trasmettono amore per i luoghi e le relazioni>>.

Pantellaro durante il suo intervento

Maria Cristina Pantellaro, antropologa e presidente di Entroterre, il lato interno delle cose, ha puntato l’attenzione sulla metodologia antropologica per costruire itinerari turistici attraverso i percorsi di comunità:<<In questa occasione ho portato il libro – “Mobilità culturale e spazi ospitali” – nel quale viene riassunto un intervento fatto nel corso di un convegno a Trento nel 2016 rispetto a un lavoro di ricerca condotto da me nel 2013 ad Agira, in particolare su Case al Borgo: è una ricerca un po’ datata, tuttavia lascia traccia di quello che c’era e in particolare delle intenzioni di creare degli indotti economici e rigenerare opportunità professionali del territorio, guardando a certi modelli turistici. Già dieci anni fa si parlava di turismo relazionale, di turismo rurale, di slow living: si era all’avanguardia in questo senso. Ora si parla di mappature, allora un po’ di meno però c’era già il Motris, la mappatura dell’offerta turistica integrata in Sicilia. L’idea è che quando arriva un tour operator esterno e prova a promuovere un territorio locale, in qualche modo non vede tutte le risorse, perché in effetti sono gli abitanti del luogo che conoscono lo spirito del luogo, e quindi è da loro che bisogna poi appropriarsi di questi beni del territorio per valorizzarli>>.

Serrafiore

Joe Serrafiore, presidente dell’Ecomuseo di Cultura materiale di Agira, ha posto l’accento su tre fattori:<<Dovremmo molto ragionare su offerta, promozione, accoglienza turistica: ad Agira ne abbiamo molto bisogno. Ci sono tante cose da vedere, manca però la centralità del borgo. La zona alta non è l’area primaria di visita: si arriva alla fine e i visitatori giungono al museo a ridosso dell’ora di pranzo. Un altro aspetto riguarda la competenza di chi accompagna i turisti: abbiamo bisogno di persone con una solida formazione specifica>>.

Vivere il proprio territorio è un privilegio che non va dato per scontato, specialmente nell’entroterra ennese, vittima da troppo tempo di una emigrazione che sembra non conoscere fine e anche di una narrazione che vede il Sud come eterna cenerentola d’Italia. Guai a rassegnarsi, però; meglio rimboccarsi le maniche e fare in modo che al diritto ad andarsene faccia sempre da contraltare il diritto a restare. Come ci insegna Vito Teti: <<Partire e restare sono i due poli della storia dell’umanità. Al diritto a migrare corrisponde il diritto a restare, edificando un altro senso dei luoghi e di se stessi. Restanza significa sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente>>.

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