<<San Genna’, pienzace tu!>>. Chissà quante volte al giorno, all’ombra del Vesuvio, questa frase viene sussurrata per invocare l’aiuto provvidenziale da parte di San Gennaro, depositario di amore e devozione da sempre e per sempre. Un legame infinito, che si nutre anche di tre appuntamenti annuali. Uno di questi – il 19 settembre – sembra porsi come ideale spartiacque tra la vivacità estiva e l’operosità autunnale, da vivere sotto il manto protettivo del patrono partenopeo. E così questa mattina, alle dieci in punto, in un Duomo affollato di fedeli, è stata annunciata l’avvenuta liquefazione del sangue di San Gennaro, verificatasi prima della celebrazione eucaristica.
La fragilità come opportunità. Napoli, città di splendore assoluto e abissale fragilità, con le sue contraddizioni che ne fanno richiamo irresistibile per i turisti, croce e delizia di ogni abitante. E sulla fragilità come risorsa ha incentrato l’omelia odierna l’Arcivescovo di Napoli, mons. Domenico Battaglia: <<La fragilità non è mai una sconfitta, ma un’opportunità per aprire il nostro cuore all’azione di Dio, per permettere alla sua grazia di entrare e trasformare le nostre vite. È la fragilità che ci rende più umani, e, allo stesso tempo, più capaci di comprendere e amare gli altri, fino a “sacrificare tutto in nome dell’amore.” Non è forse questo l’insegnamento del Vangelo? Non è forse questo ciò che il martire Gennaro ha vissuto sacrificando la propria vita per la fede in Cristo e per l’amore verso i suoi fratelli? Non è forse questo il più alto esempio di amore? Un amore che non conosce limiti, che è disposto a dare tutto, anche la vita, per il bene degli altri, un amore che non è solo un sentimento, ma un impegno concreto, una scelta di vita. Gennaro ci invita a vivere un amore che non si accontenta di mezze misure, ma che va fino in fondo, fino alla croce, sapendo che si tratta sempre e comunque di una “collocazione provvisoria” perché la notte del calvario non è eterna e dovrà ritrarsi alle prime luci dell’alba pasquale! Sapete, sono convinto davvero che il miracolo della nostra città, la sua forza più grande e forse quella che apprezza di più il nostro santo patrono, sia proprio la bellezza della fragilità e di chi di essa si prende cura. Il miracolo della fragilità, il miracolo della cura, della tenerezza, del vivere l’uno con l’altro, l’uno per l’altro! Questo è il miracolo che sorregge Napoli e da cui tutti dobbiamo ripartire>>.
Le piccole cose che contano. Ogni azione, anche la più piccola, può essere foriera di un rinnovamento totale, come ha ricordato mons. Battaglia: <<Sorelle e fratelli miei, credo che il nostro San Gennaro oggi stia a dirci proprio questo, la necessità di ripartire da chi cura, da chi lotta, da chi spera operando pace e giustizia, dai gesti feriali, quotidiani, dalle piccole cose che contano, dalle scelte discrete e invisibili che però danno vita ad autentiche rivoluzioni sociali! Napoli, mia amata città, ricorda sempre di custodire con tutta te stessa e ripartire ogni giorno dalle poche cose che contano e che reggono ogni giorno la tua speranza e la tua fiducia!>>.
La bellezza di Napoli, il calore umano che si respira in ogni vicolo, i presepi di via San Gregorio Armeno, la pizza, la cultura, l’arte sopraffina di arrangiarsi, la capacità di ridere di quasi tutto. E poi il Vesuvio che abbraccia la città e San Gennaro, che a tutto provvede. Aveva ragione Luciano De Crescenzo: <<A volte penso addirittura che Napoli possa essere ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana>>. Viva Napoli, viva San Gennaro.
