La donna, l’icona. Lady Diana, per sempre la “principessa del popolo”

I flash impazziti, l’inseguimento, lo schianto. E poi la notizia peggiore, a metà mattina di una fine estate qualunque che, da quel momento, qualunque non sarà più: Lady Diana è morta in un incidente stradale a Parigi. E’ il 31 agosto 1997. Nelle abitazioni di tutto il mondo arrivano lanci di agenzia che raccontano di un viaggio romantico che nel volgere di pochi minuti diventa tragedia. E subito viene alla mente il sorriso dolce di una donna che, nei suoi trentasei anni, sembra aver accumulato dieci vite, con tutta la pesantezza dei protocolli reali, delle imposizioni ma anche con un coraggio e un’empatia che fanno da subito assurgere Diana Frances Spencer al rango di principessa del popolo, titolo certamente a lei più caro di qualunque altro.

Una candela al vento. Alle 9.08 del 6 settembre 1997 tutto il mondo è incollato davanti alla tv per seguire la diretta del funerale di Lady Diana: un abbraccio collettivo alla giovane donna che nel frattempo avevamo tutti imparato a conoscere e ad amare. E poi quel pianoforte nero collocato all’interno dell’Abbazia di Westminster e l’amico di sempre – Elton John – che con gli occhi lucidi intona “Candle in the wind”. Un brano scritto per Marilyn Monroe che viene riscritto come omaggio imperituro nei confronti della Principessa del Galles: due icone con una parabola di vita ingiusta e contrassegnata da una celebrità assoluta a cui ha sempre fatto da contraltare una dolorosa solitudine.

Lady Diana, la bellezza dell’umanità. Rompere il protocollo, riconquistare un’autentica libertà e soprattutto dare sfogo alla propria umanità: c’è voluto coraggio per andare contro le regole ferree di una vita dorata che cela una gabbia stretta abbastanza da ridurre al silenzio obbediente chiunque si trovi a orbitare attorno al palazzo e alla sua corte. Lady Diana mal sopporta le distanze previste dal protocollo reale nei confronti dei suoi figli, che sceglie di seguire passo passo come una mamma qualunque. Ad un certo punto attua una metamorfosi tanto profonda quanto liberatoria: via quel matrimonio finito forse ancor prima di essere celebrato; via quei vestiti che per anni hanno mortificato la sua bellezza; via anche la “zazzera” bionda e, al suo posto, un corto sofisticato. Eccola la Diana post divorzio: bellissima, elegante e molto, molto umana.

Lady Diana e Madre Teresa. La principessa viaggia sempre e se ne va negli angoli dimenticati del mondo, per ricordare a tutti che ci sono madri che non sanno come nutrire i propri figli, ci sono bambini orrendamente mutilati la cui unica colpa è l’aver pestato le maledette mine antiuomo. E lei, Diana, sorprende tutti quando decide di percorrere un sentiero costellato di mine antiuomo per dimostrare che se nel mondo c’è anche solo una persona in pericolo, allora il pericolo è per tutti. E che i diritti o sono per tutti o non sono davvero per nessuno. A testimoniare l’impegno autentico di Diana, anche il profondo legame con Madre Teresa di Calcutta: una comunanza di valori tanto intensa da spingere la religiosa a definire Lady Diana “come una figlia”.

Restano molte ombre riguardo alle circostanze che hanno condotto alla morte la principessa del Galles, il compagno Dodi Al-Fayed e l’autista di fiducia Henri Paul. Quel che resta, immutato e cristallino, è il sentimento di affetto nei confronti di questa giovane donna che ha cercato la propria felicità senza mai dimenticare il prossimo. E che, come cantava De Andrè, ha vissuto “solo un giorno, come le rose”.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.