Un Ferragosto che sa di buono, di amicizia, solidarietà, inclusione, come risposta concreta alla solitudine che, insieme alla rassegnazione, avvolge molte vite specialmente in alcuni periodi dell’anno. Una vera tradizione, quella della Comunità di Sant’Egidio, che oltre al pranzo di Natale propone quello di Ferragosto. Anche questo momento conviviale, oasi nel deserto nel bel mezzo dell’estate, ha messo al centro loro: le persone che la vita ha sbattuto in un angolo, che i nostri sguardi incrociano per un istante nelle stazioni, vite trascorse ai piedi dei monumenti, avvolte nei cartoni quando fa freddo. Quelli che per comodità semantica collochiamo all’interno di categorie nominali come “fragili”, “ultimi” e quant’altro.
Alle 12 di oggi, a Roma, alla mensa di via Dandolo (nel cuore di Trastevere) i volontari di Sant’Egidio hanno accolto i fratelli e le sorelle che vivono in condizioni di marginalità, con alle spalle storie difficili: ci sono persone anziane rimaste sole, migranti e persone senza fissa dimora. E siccome la solidarietà è un cerchio in grado di autonutrirsi e autorigenerarsi, ecco che tra i volontari di oggi ci sono anche coloro che un tempo stavano dall’altra parte: tra questi, alcune donne provenienti dall’Ucraina e alcuni rifugiati siriani e afghani.
Questi pranzi della solidarietà sono anzitutto incontri di sguardi e sorrisi, e nutrimento per l’anima prima ancora che per il corpo. Qui le persone che la vita ha messo a dura prova possono trovare ristoro e riparo, almeno per qualche ora. E magari anche una scintilla preziosa di speranza. Quella promossa da Sant’Egidio è una solidarietà che corre lungo lo Stivale: appuntamenti simili si sono svolti a Milano, Genova, Padova, Napoli e altre città. Il menù di questa giornata di amicizia, che in alcuni casi ha coinvolto anche i detenuti attraverso anguriate solidali negli istituti di pena, è quello della tradizione ma arricchito da tanto altro, come racconta una volontaria: <<Ogni anno a questo pranzo partecipano tantissimi amici: molti, nei giorni scorsi, ci hanno chiesto se anche quest’anno avremmo rinnovato questo appuntamento e quindi siamo molto felici. Oltre al cibo c’è tanta amicizia e simpatia. Tra coloro che partecipano non ci sono solo poveri ma anche persone che soffrono la solitudine, quindi va bene anche semplicemente mettersi al tavolo a fare una chiacchierata. Pure questo è molto importante, essere famiglia>>. A volte basta una frase per ripartire e cercare di rimettersi in carreggiata: anche di questo è fatta l’amicizia. Ecco perché questi pranzi sono importanti: ogni sorriso e ogni parola scambiata tra una portata e l’altra, sono semi di guarigione e di speranza che, presto o tardi, daranno i loro frutti. Come scrisse Emily Dickinson: <<Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano>>.
<<Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano.
Se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena, o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido,
non avrò vissuto invano>>.(Emily Dickinson)
